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Verso il 150° dell'Unità d'Italia

VIVA VIVA GARIBALDI

 

Sbato 6 marzo 2010- ore 21

Teatro Clitunno

                                                                                                                                  

 

 

Ore 21

 

Saluto del Sindaco Giuliano NALLI
Intervengono

 

Stefania MOCCOLI, Assessore Istruzione Comune di Trevi
 

 

Giuliano GRANOCCHIA, Assessore Istruzione Provincia di Perugia
Conclude

 

Fabrizio BRACCO, Presidente Consiglio regionale dell'Umbria

 

ore 21,30

 

Esibizione musicale a cura della: Corale del.Torrino DLF Foligno

 

Testo teatrale e regia  

Luciano Falcinelli

Direzione musicale   Francesco Corrias
Arrangiamenti musicali   Luca Marzetti
Ideazione, ricerca musicale e Iconografica   Graziella Piermatti
Organizzazione e coordinamento   Giovanna Maria Sotgiu
Presenta   Giovanna Grieco

 

Programma musicale

Inni e canti del Risorgimento Italiano

La morte di Anita

 

 

Testo: Massimo Dursi / Musica: Sergio Liberovici

O Venezia

 

L'anonimo autore narra le vicende della Repubblica Veneta del 1848-49

 

Inno di Garibaldi

 

 

Scritto da Luigi Mercatini sul finire del 1858. La musica è di Alessio Oliviero, capo musica nel II Reggimento Brigata Savoia. Assunse grande popolarità con l'impresa dei Mille.

 

Or che innalzato è l'albero

 

Uno dei più conosciuti canti giacobini italiani. Nato, negli ultimi anni della rivoluzione francese, ebbe poi grande diffusione durante i moti liberali del 1848.

 

La bella Gigogin

 

È la canzone più popolare del Risorgimento Italiano. Si dice che fu suonata per la prima volta al Teatro Carcano di Milano. Il popolo capì subito il messaggio e la banda dovette ripeterla 8 volte

 

Camicia Rossa

 

Scritta originariamente da Rocco Traversa oscuro segretario comunale, pubblicata in fogli volanti, si modificò passando di bocca in bocca. La musica è del Maestro Luigi Pantaleoni.

 

Quel uselin del bosch

 

Uno dei più famosi canti popolari italiani. In origine di contenuto amoroso, conobbe un adattamento patriottico/garibaldino nel secondo 800.

 

Inno popolare del 1848

 

Versi: Goffredo Mameli / Musica: Giuseppe Verdi

 

La bandiera tricolore

 

Canto quarantottesco per eccellenza, ritratto e manifesto per una generazione, fu cantato per tutto il Risorgimento ed entrò poi nel repertorio degli Alpini.

 

La presa di Roma

 

Gustosa tarantella nella quale il popolo celebra la fine lungamente attesa del potere temporale dei papi.

 

Va pensiero

 

Dal Nabucco di Giuseppe Verdi. È il più famoso inno del Risorgimento italiano proposto spesso per essere scelto come inno nazionale.

 

 

L'appuntamento delle celebrazioni per i centocinquant'anni dall'Unità d'Italia costituiscono una sfida anche per l'oggi. Esso non deve essere assunto solo come momento freddo e scontato, per quanto pomposo, di celebrazione istituzionale. La questione dell'Unità ci pone ancora interrogativi insoluti della storia d'Italia che attendono risposte alte nei termini di una riforma intellettuale e morale della società italiana.

Le forti contraddizioni economiche e sociali che ancora persistono tra le diverse aree geografiche del Paese ci chiamano oggi a respingere con forza ogni tentativo di mettere in discussione la coesione nazionale e a mettere in campo le politiche che servono a valorizzare sì le differenze culturali come ricchezze indiscutibili ma anche a colmare i divari storici tra Nord e Sud. L'Unità nazionale è, dunque, più che un fatto storico incontrovertibile con una sua data simbolica e i suoi protagonisti, un processo che ancora deve compiersi e che continua a trovare resistenze nella modernità

Il ruolo che ancora una volta possono svolgere in questo contesto i Comuni è fondamentale ed è fondamentale l'apporto che le Regioni dell'Italia di mezzo possono assicurare a cerniera e a garanzia dell'Unità del nostro Paese. Un apporto, anche questo, non solo ovviamente geografico, ma che ponga ancora una volta la meta della riforma sociale e chiami su questo fine una nuova partecipazione popolare e democratica per un'Unità di fatto e per la coesione di un popolo-nazione al cospetto di un'Europa e dell'intera Comunità internazionale, sempre più interdipendenti nella globalizzazione.

La stessa partecipazione popolare e democratica che in parte mancò nei processi di unificazione del Paese deve oggi essere assunta come sfida per la riforma della politica e della società. La sua mancanza relativa segnò negativamente i processi di unificazione del nostro Paese e pesantemente la stessa storia successiva d'Italia. Oggi siamo chiamati a celebrare i centocinquant'anni dall'Unità con la consapevolezza e il compito di dare seguito a quel destino e di colmare le sue più antiche e le sue più moderne contraddizioni.

Giuliano Granocchia
Assessore Istruzione Provincia di Perugia

 

 

 

 

I processi, inevitabilmente conflittuali, che hanno portato alla costruzione dello Stato unitario e, molto più tardi, attraverso la Resistenza, alla nascita della Repubblica, hanno prodotto un sentimento nazionale e contribuito alla formazione di una coscienza e di una cultura democratica, caratterizzata da valori di libertà, giustizia ed eguaglianza, ed hanno legittimato le nostre Istituzioni. Non importa qui ricordare gli appassionati dibattiti sui tradimenti e le deviazioni rispetto agli obiettivi che erano all'origine di quei processi, la delusione dei protagonisti, le revisioni critiche e il lavoro di scandaglio di tanti studiosi che hanno cercato di approfondire l'uno o l'altro aspetto; ciò che preme sottolineare è come il Risorgimento, al pari della Resistenza, siano "i miti fondativi" della nostra storia nazionale. Certo, i mutamenti di fine secolo '900, hanno inciso profondamente sui costumi, sulle gerarchie di valori, sulla cultura, hanno prodotto cambiamenti nella percezione del tempo (e dello spazio) e hanno favorito, da una parte, la diffusione di una tendenza a dimenticare o trascurare il passato, e, dall'altra, nella crisi della repubblica, un orientamento a modificarne il senso. Così, però, il Paese corre il rischio di smarrirsi e di dividersi, mentre sempre più inquietanti si fanno gli interrogativi sul suo futuro.

Per questo cre=o non soltanto utile, ma necessario, approfittare della ricorrenza del centocinquantesimo anniversario dell'unità italiana per tornare ad attingere alla nostra storia e a praticare nuove forme di divulgazione per avvicinare i cittadini al loro passato. C'è, infatti, necessità di una bussola per orientarci, per cercare di capire ciò che è successo e ciò che sta succedendo, e per agire da protagonisti nella complessa realtà contemporanea. E per costruire questa bussola dobbiamo analizzare a fondo le dinamiche della società italiana e inter-rogarci criticamente sui primi passi dell'Italia unita, sui processi che hanno portato all'unità e sulle ragioni che più tardi hanno portato alla Repubblica democratica. Con essa possiamo cercare di affrontare adeguatamente i due problemi, che tra i tanti, ritengo più urgenti: la formazione di una robusta cultura civica, fondata su un forte senso di appartenenza e su un complesso di valori condivisi,che possa promuovere comportamenti e relazioni saldamente democratici, e la riappropriazione di una idea di democrazia più ricca e complessa, fondata sulla partecipazione e il protagonismo dei cittadini.

Prof. Fabrizio Bracco
Presidente Consiglio regionale dell'Umbria

 

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